Ingegneria chimica e di processo
IMPIANTI DI PROCESSO
Sviluppata un’innovativa tecnologia che utilizza l’H2S (acido solfidrico) per ridurre, mediante un reattore termico rigenerativo, la CO2, ottenendo nel contempo syngas
02.11.2015
Testo dell’articolo
Nello specifico, mediante la reazione chimica (CO2 + 2H2S → CO + H2 + S2 + H2O) e l’unità produttiva per realizzarla in modo efficiente, un reattore termico rigenerativo permette di sfruttare le proprietà riducenti dell’H2S per abbattere la CO2. Il risultato è una miscela di gas pulita e riutilizzabile (syngas, che serve a generare potenza, produrre vettori energetici come il metanolo e carburanti sintetici), zolfo elementare (che ha un suo mercato) e acqua. Questo comporta il taglio netto alle emissioni di CO2 negli impianti chimici e la completa rimozione dell’H2S (e quindi consumo contemporaneo di due prodotti di scarto) ottenendo al contempo syngas e sottoprodotti non nocivi e riutilizzabili.
Contrariamente ad altre tecnologie che richiedono processi ex novo, con la sostituzione di una sola unità, il sistema si adatta da subito, e senza particolari modifiche, alla maggior parte degli impianti esistenti. La reazione, inoltre, è già applicabile a processi operanti su larga scala e quindi già efficace per un’immediata riduzione della CO2, senza alcuna emissione aggiuntiva o utilizzo sconsiderato di energia. La capacità della reazione di utilizzare lo zolfo contenuto nelle fonti energetiche per ridurre le emissioni è un vantaggio che apre scenari strategici per l’utilizzo di giacimenti di carbone, gas naturale e petrolio particolarmente ricchi di questo elemento chimico e per questo non sfruttati. Per questo, saranno proprio i maggiori giacimenti al mondo, per quantità di carbone e contenuto di zolfo, ad essere potenzialmente interessati, grazie all’elevata concentrazione di zolfo che gioca infatti un ruolo strategico nella mitigazione degli effetti della CO2.
Il taglio netto delle emissioni per i grandi impianti è infatti direttamente proporzionale alla quantità di H2S trattata e può raggiungere anche il 40% per impianti di raffinazione del petrolio, impianti di estrazione e purificazione del gas naturale, impianti di gassificazione del carbone e impianti siderurgici. La CO2 “risparmiata” è anche maggiore dal momento che gli impianti attuali bruciano letteralmente l’H2S perdendo di fatto l’elevato contenuto di idrogeno di tale molecola, producendo anidride solforosa (SO2) e ulteriore CO2. Si stima, ad esempio, che con l’utilizzo di questa tecnologia, un comune gassificatore di carbone possa produrre energia al 120% delle proprie potenzialità pur producendo il 15% in meno di CO2. Le applicazioni sono molteplici: dalla sintesi del metanolo e dell’ammoniaca, dalla produzione di acido solforico alle unità di recupero zolfo, dal processamento del gas naturale e degli oli pesanti/esausti fino alla raffinazione, alle bioraffinerie e alla produzione di biogas.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 21 ottobre 2015
Image credit: Thorsten Schier/Shutterstock
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IMPIANTI DI PROCESSO
In Azerbaijan sorgerà l’OGPC, un gigantesco complesso da 15 miliardi di dollari per il trattamento di petrolio e gas naturale, e la produzione di prodotti petrolchimici
23.08.2015
Testo dell’articolo
Con un investimento complessivo stimato in 15 miliardi di dollari, il nuovo complesso si svilupperà in due fasi (la prima fase di realizzazione dovrebbe partire entro il 2015, mentre la costruzione impiantistica dovrebbe iniziare nel 2019). Attualmente sono in corso le attività di preparazione del sito.
La Fase I del progetto OGPC prevede la costruzione di:
– un Gas Processing Plant (GPP), un impianto con una capacità di trattamento di 12 miliardi di m3/anno;
– un impianto petrolchimico che integra un processo di steam cracking, con una capacità produttiva di circa 850.000 t/anno;
– una centrale termoelettrica da 250 MW.
I liquidi del gas naturale recuperati dal GPP saranno utilizzati dal complesso petrolchimico come materia prima per la produzione di polipropilene e polietilene.
La successiva Fase II prevede la costruzione di un impianto di raffineria del greggio con una capacità iniziale di raffinazione pari a 8,6 milioni di t/anno.
Il progetto prevede la costruzione e l’installazione di oltre 30 impianti tecnologici, e la realizzazione di servizi e infrastrutture connesse off-site, come strade e collegamenti ferroviari, interconnessioni elettriche con la rete nazionale, impianti portuali e oleodotti. Si prevede che la Fase I di costruzione sia completata entro il 2023, mentre la Fase II dovrebbe concludersi nel 2030.
Testo redatto su fonte Kable/chemicals-technology.com, agosto 2015
Image credit: SOCAR OGPC Forum
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BIOTECNOLOGIE
CNR: nuovo processo per la conversione di CO2 in acido lattico durante la produzione biologica di idrogeno attraverso la fermentazione batterica di scarti organici
04.07.2014
Testo dell’articolo
“Il metodo per la produzione di biogas è chiamato CLF (Capnophilic Lactic Fermentation), e si avvale di un batterio estremofilo (cioè che vive e prolifera in condizioni ambientali estreme), la Thermotoga neapolitana, che cresce a 80 gradi nelle solfatare marine a largo del litorale Flegreo”, spiega Fontana. “Le cellule della Thermotoga si comportano da micro reattori in grado di produrre idrogeno da fermentazione di substrati organici, inclusi materiale di scarto dell’industria agro-alimentare, permettendone una trasformazione in energia pulita”.
Un meccanismo assolutamente nuovo. “CLF rappresenta un inedito metodo che consente di avere simultaneamente tre vantaggi: la produzione di energia pulita, la cattura dell’anidride carbonica e il recupero di materiali di scarto”, prosegue il ricercatore dell’ICB-CNR. “Il metabolismo del batterio prendendo CO2 e acido acetico rilascia acido lattico con la completa eliminazione della CO2, inoltre, al contrario dei classici meccanismi di fissazione autotrofa, come ad esempio la fotosintesi, non comporta sintesi di composti del metabolismo cellulare. Anzi, l’utilizzo di anidride carbonica stimola la velocità di fermentazione determinando un miglioramento della produzione di idrogeno da cui potrebbe essere direttamente ottenuta energia elettrica”.
I vantaggi derivanti da tale processo sono intuitivi: “L’obiettivo del lavoro attualmente in corso è scientifico, ma i risultati aprono ora la possibilità dell’applicazione industriale della CLF, considerando che per la sola produzione di acido lattico esiste un mercato mondiale stimato in circa 1.200 milioni di dollari nel 2010”, conclude Fontana. “La produzione biologica di idrogeno mediante fermentazione batterica di substrati organici, incluso molti materiali di scarto, è una tematica scientifica caldissima e di grande prospettiva per la produzione di energia da fonti rinnovabili”.
Testo redatto su fonte CNR del 2 luglio 2014
Per approfondimenti: Capnophilic lactic fermentation and hydrogen synthesis by Thermotoga neapolitana: An unexpected deviation from the dark fermentation model – International Journal of Hydrogen Energy | 26.03.2014
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BIORAFFINERIE
La Biorefinery ENI di Venezia produrrà la frazione di qualità premium del carburante di nuova generazione per navi e aereomobili delle Marine Militari di Italia e Stati Uniti
05.04.2014
Testo dell’articolo
Secondo il Segretario della Marina degli Stati Uniti Ray Mabus, la Marina e il Corpo dei Marines si sono dati l’ambizioso obiettivo di utilizzare carburanti per il 50% derivanti da fonti alternative entro il 2020. Nel 2012 la Marina degli Stati Uniti ha presentato la Great Green Fleet, un gruppo navale dotato di mezzi aerei e navali che operano utilizzando fonti energetiche alternative. Questo accordo, significativo e importante, consentirà lo scambio di informazioni e dati tra la Marina Militare Italiana e quella degli Stati Uniti, in modo che possano operare al meglio in futuro, puntando a una minore dipendenza dal petrolio e a una maggiore sicurezza energetica.
La frazione di qualità premium si produrrà in scala industriale presso la Biorefinery ENI di Venezia a partire da maggio 2014. La biorefinery di Venezia è il primo esempio al mondo di raffineria petrolifera convertita per produrre biocarburanti da oli vegetali, anche di seconda e terza generazione: un risultato industriale con importanti ricadute sul territorio, che trasforma il tradizionale sistema della Raffineria in un nuovo ciclo “verde”.
Secondo il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Italiana, Amm. Giuseppe De Giorgi, si tratta di una iniziativa importante nei settori strategici dell’energia e della tutela ambientale che mira a perseguire la piena interoperabilità dei carburanti alternativi per le unità navali delle due Marine, attraverso la condivisione dei risultati delle sperimentazioni. Questo accordo è un passo significativo verso l’incremento della sicurezza energetica, grazie alla minore dipendenza dal petrolio, a una maggiore attenzione all’ecosostenibilità e a una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento. La nuova famiglia di navi che intendiamo costruire – ha aggiunto l’Ammiraglio – sarà caratterizzata da bassissime emissioni e dalla possibilità di utilizzare carburanti alternativi. Queste navi sono concepite per esprimere le loro capacità di intervento anti inquinamento e di supporto alla popolazione in caso di calamità. Sono il segno tangibile del processo di trasformazione della Marina in senso duale.
La Biorefinery ENI di Venezia (ENI a breve avvierà a Venezia la produzione nazionale di biocarburanti da fonti sostenibili certificate) è la prima raffineria al mondo oggetto di riconversione da raffineria convenzionale a green refinery. Dopo un anno e mezzo di attività per la progettazione, processi autorizzativi, messa in opera modifiche impiantistiche, nel maggio 2014 saranno avviati i nuovi impianti Green con carica vegetale, in attesa della disponibilità nel mercato di feedstock diversi, quali oli di frittura, grassi animali e altri waste del ciclo agricolo.
La Marina Militare italiana è la prima in Europa a sperimentare operativamente il green diesel, in anticipo anche rispetto alla scadenza europea che prevede l’uso del 10% di frazione bio entro il 2020.
Testo redatto su fonte Marina Militare del 2 aprile 2014
Image credit: ENI/Green Refinery
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BIORAFFINERIE
Progetto BIT3G: realizzare una “Bioraffineria di Terza Generazione” sviluppando e ottimizzando processi tecnologici sostenibili a basso impatto ambientale
01.04.2014
Testo dell’articolo
L’obiettivo è realizzare una bioraffineria che sia integrata nel territorio che, partendo dall’identificazione e dallo studio di aridocolture non in competizione con il settore food e nel pieno rispetto della biodiversità locale, metta a punto processi tecnologici sostenibili a basso impatto ambientale per ottenere, attraverso un approccio a cascata nell’uso della biomassa, prodotti ad alto valore aggiunto (biochemicals e bioprodotti). Le attività dell’ENEA riguardano gli aspetti tecnologici del pretrattamento della materia prima ligno-cellulosica, lo sviluppo e l’ottimizzazione dei processi di produzione di prodotti ottenuti da biomasse.
Finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), il progetto BIT3G, partito ufficialmente il 1°gennaio 2014, rappresenta uno dei quattro progetti strategici di ricerca e sviluppo compresi nel Cluster Tecnologico Nazionale della Chimica Verde, che si pone l’obiettivo di rilanciare la chimica italiana sotto il segno della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, stimolando la ricerca e gli investimenti in nuove tecnologie. I cluster tecnologici rappresentano un modello di aggregazione ad alto livello di internazionalizzazione tra imprese ed organismi pubblici di ricerca.
Testo redatto su fonte ENEA del 28 marzo 2014
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IMPIANTI DI PROCESSO
Sicurezza sismica degli impianti chimici a rischio di incidente rilevante: applicare correttamente le moderne tecnologie antisismiche per mitigare gli effetti dei terremoti
22.09.2013
Testo dell’articolo
L’ENEA ha avviato da tempo una discussione nell’ambito della comunità scientifica per porre in evidenza la necessità di valutare accuratamente la vulnerabilità delle strutture e dei componenti. Sulla base di queste analisi si potrà avviare un programma per l’adeguamento sismico degli impianti esistenti, partendo dalle situazioni più a rischio di incidente, che saranno valutate in funzione della pericolosità sismica, della vulnerabilità degli impianti e delle potenziali conseguenze dannose sulla popolazione e sull’ambiente.
“Il problema della sicurezza degli impianti in Italia è un aspetto che non possiamo affatto sottovalutare, dato che quasi tutto il nostro territorio è esposto al rischio sismico. La consapevolezza della vulnerabilità del nostro territorio richiede una cultura della prevenzione e l’attuazione di interventi di messa in sicurezza, i cui costi sono nettamente inferiori a quelli necessari per la bonifica e la ricostruzione dopo un incidente, senza contare le perdite connesse alla destabilizzazione del ciclo economico-produttivo. L’ENEA mette a disposizione delle istituzioni le sue competenze tecnico-scientifiche, sviluppate nel corso degli anni a partire dagli originari programmi nucleari, per mitigare gli effetti dei sismi anche attraverso una corretta applicazione delle moderne tecnologie antisismiche”, ha dichiarato Giovanni Lelli, Commissario dell’ENEA.
Di questi temi si è parlato a Roma al convegno “Sicurezza sismica degli impianti chimici a rischio di incidente rilevante”, organizzato dall’ENEA in collaborazione con il GLIS (Isolamento ed altre Strategie di Progettazione Antisismica), con il patrocinio dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, del Parco Scientifico e Tecnologico del Lazio Meridionale, della Società Geologica Italiana e dell’ASSISi (Anti-Seismic Systems International Society).
Esperti in rappresentanza di vari enti e istituzioni nazionali, tra i quali l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) rappresentato dal Presidente Prof. Stefano Gresta, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri con il Presidente Ing. Armando Zambrano e il Consiglio Nazionale dei Geologi con il Presidente Prof. Gian Vito Graziano, hanno affrontato sia gli aspetti legati alla verifica e all’adeguamento delle strutture degli impianti esistenti, sia quelli relativi agli interventi in emergenza, con l’obiettivo di stimolare la discussione sul tema e di attivare le istituzioni competenti.
Testo redatto su fonte ENEA del 7 febbraio 2013
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